Perché i racconti...

Il racconto è una forma nobilissima di scrittura: l’angustia dello spazio narrativo non consente sbavature, perdite di tempo, sproloqui inutili, descrizioni superflue, cogitazioni vane.

Il racconto, se è un buon racconto, va dritto al punto, si muove per linee rette, ti cattura narrandoti accadimenti di cui senti di dover conoscere la conclusione il prima possibile.

Pensateci bene: molti romanzi da seicento pagine, oggettivamente noiosi, sarebbero probabilmente stati buoni romanzi brevi di centocinquanta pagine.

Molti romanzi brevi da centocinquanta pagine che avete fatto fatica a finire, sarebbero probabilmente stati buoni racconti da quindici pagine.

Personalmente amo i romanzi brevi e i racconti brevissimi.

Centocinquanta parole per un'immagine: "Le sdraio vuote"

Mare. Lei era seduta accanto a me. Quel giorno mi sentivo inquieto, lo ricordo bene. Eravamo da tre giorni a Isla de Mujeres e ogni giorno andavamo in quella spiaggia. Stavamo così bene insieme. Ma quella mattina era diverso, tutto era diverso, anche la temperatura dell’acqua, anche la luce del sole. Anche il tono della sua voce. Verso mezzogiorno le chiesi se voleva nuotare con me. Mi disse di no, cosi andai da solo. Quando tornai lei non c’era. Attesi una decina di minuti poi andai a cercarla. In cabina non c’era e neppure al bar. Tornai al parcheggio e con la macchina mi affrettai verso il nostro bungalow. Mancava la sua borsa da viaggio e il suo poco bagaglio. Sul tavolo del soggiorno un biglietto di poche righe: “Sono dovuta partire. Mi dispiace. Divertiti.” Fu così che le nostre due sedie a sdraio in spiaggia restarono vuote.

Dranika

Si fermò ancora un momento davanti allo specchio. Le sembrò che il look fosse quello giusto per affrontare quella serata difficile. Guardò l’orologio: le undici. Ora di muoversi. Guidò con prudenza e, in poco più di mezz’ora, aveva imboccato la stradina sterrata che conduceva al piccolo cimitero. Il giorno era quello annunciato: il primo plenilunio dopo l’equinozio d’autunno.

A mezzanotte.

Sentiva freddo ma non aveva paura, solo l’attanagliava un’invincibile inquietudine. Si udiva solo lo stridio dei pipistrelli, che saettavano sullo sfondo del disco lunare, tra le cupe fronde dei cipressi. Davanti a lei il cimitero sembrava stesse andando lentamente in rovina, non c’erano fiori freschi alle tombe e le lapidi erano in gran parte spezzate o inclinate, mezze sprofondate nel terreno.

Pochi attimi e percepì i primi fremiti della mutazione. La luna parve velarsi di nubi rossastre, e un cupo sospiro si levò dalla terra, come un gemito, un rantolo di moribondo. Ombre sempre più corporee e riconoscibili iniziarono a sorgere dai sepolcri. Dopo pochi istanti di angosciosa attesa, lo scorse:

- Yuri! – esclamò, mentre gli occhi le si riempivano di lacrime.

- Dranika – rispose l’ombra, - finalmente sei qui. Vieni appartiamoci un poco, là dove c’è quella panchina di pietra.

- Yuri, amore… quanto tempo abbiamo?

- L’Arconte delle Tenebre mi ha concesso tremila battiti del tuo cuore.

Dranika rimase silenziosa per qualche momento, poi disse:

- Con sessanta al minuto… fan cinquanta minuti da passare insieme.

Un’ombra passo sul viso scarno di Yuri.

- Sei precisina come un ingegnere, amore mio.

- Meglio precisini che distratti, per poi andare a sbattere con la moto!

- Mi stai dando dello stupido? Cinquanta minuti con me ti sembrano troppi? Hai di meglio da fare?

Dranika arretrò di un passo. Si capiva che stava cercando di controllarsi, per non alzare la voce.

- Ricorderai, forse, che le ragazze al sabato sera hanno di meglio da fare che passare la notte al cimitero.

- E cosa, tanto per saperlo?

Il tono si era fatto più cupo, più cattivo.

- Tanto per saperlo mi sono già stufata di questa conversazione idiota. Me ne vado in discoteca.

Lui allungò fulmineo le mani ossute e aprì la zip del giubbotto della ragazza. Vide che portava una maglietta scollata, senza reggiseno.

- Sei sempre la solita zoccola!

- E tu il solito stronzo! Beh, ciao e buon eterno riposo.

 

In discoteca la giovane incontrò la sua amica del cuore:

- Dranika, che faccia! Sembri incazzata nera…

- Ma no, niente di serio… ho solo dovuto imparare una lezione.

- Sarebbe? 

- Che gli amori morti è meglio lasciarli sepolti.

Paghi due, prendi tre

L’agente di turno al Commissariato di Stresa ricevette la telefonata alle 10.22 di un giovedì, 8 novembre 2012.

Voce di uomo, agitatissimo: «Il padrone è morto, venite subito!»

«Quale padrone? Chi parla? Cognome, nome e indirizzo», poi, dopo una breve pausa, «chi è morto?»

«L’avvocato Caldazza.»

«E come fa a saperlo?»

«Me lo ha detto la sua donna di casa.»

«Va bene, allora mi dice chi parla?»

«Sono Bortolo, il giardiniere dell’avvocato.»

«Ha visto il morto?»

«No, a me i morti mi fanno impressione.»

«E la badante?»

«È svenuta.»

«Mi vuoi dare questo cazzo di indirizzo?»

«Via dei Colli, 122.»

 

Oggi ho ammazzato uno. Cioè, non so. Cioè lui è morto e io ero lì, ma non so se è colpa mia. Ho parlato con un mio amico avvocato che conosco, che ogni tanto stiamo insieme, in quanto mi piace anche abbastanza, cioè. Ci ho raccontato tutto e lui mi ha detto che dovrò costituirmi che sarebbe come andare dalla polizia o dai carabinieri, ma mi ha detto che è meglio la polizia perché lì conosce qualcuno. Però mi ha detto anche che è meglio aspettare e che devo scrivere tutto quello che è successo, che sarebbe come una confessione, così che lui quando mi accompagna dalla polizia avrà già pronta la memoria difensiva, cioè così ha detto, praticamente.

Ecco allora quello che ho scritto:

Mercoledì 7 novembre sono andata col battello da Intra a Laveno per una questione privata, e poi sono tornata a Intra con un altro battello alle ore 15.20 che era quasi vuoto a quell’ora che non è orario di scuola e poi anche di turisti in novembre ce n’è pochi. Io lavoro come massaggiatrice al Centro Estetico ‘Non Solo Massaggi’, mi chiamo Samantha Zuffo di anni 24. Sul battello mi sono messa in una delle cabine chiuse, perché fuori faceva freddo abbastanza. Ero sola. Nella cabina era molto caldo così mi sono tolta il giubbotto che sotto ci avevo solo una magliettina leggera che però stavo bene lo stesso. Dopo un po’ entra uno che mi dico tra di me : che figo! In quanto era uno alto, bello, con gli occhi e i capelli neri, con un soprabito nero lungo e jeans e le scarpe da jogging, e anche la barba di due giorni, tipo bello e disperato come ho letto in un romanzo che ho letto.

Si siede davanti a me e mi guarda, che io mi sento tutta rimescolata."

 

Il giorno dopo il ritrovamento del corpo, il Commissario capo Girobaldi si rivolse all’Ispettore Lucia Zanchella e le disse: «Allora Lucia, cosa abbiamo in mano fino ad ora del caso Caldazza?»

«Non molto capo, è tutto molto strano, mi sembra… »

«Dimmi.»

«Dunque, il Caldazza, di anni 52 era un professionista molto stimato nella zona. Conduceva vita assai ritirata, nella sua villa che, come hai visto, si trova in località isolata. Non si è mai sposato, non risultano relazioni stabili. Ci sono poi quelle ferite sulla schiena: il cadavere era nudo, riverso bocconi sul pavimento.»

«Quando avremo il referto dell’autopsia?»

«Non prima di martedì, mi hanno detto.»

«Bene. Il caso è in mano al Sostituto Procuratore di turno ieri al Tribunale di Verbania, il dottor Canovacci. Mi ha già fatto avere la delega per la prosecuzione ufficiale delle indagini. Lo conosco bene, è uno competente e ci lascerà lavorare in pace. Impronte digitali?»

«Ancora niente.»

«OK, ne riparliamo appena avremo in mano il referto autoptico, intanto procedete con le indagini di routine.»

 

"Allora io ero lì sul battello e lui mi guardava e poi mi dice, sai che sei proprio una bella ragazza e io divento tutta rossa e ci dico grazie. Allora lui mi dice, mi piacciono molto i tuoi occhi e i capelli. E nel mentre che praticamente mi guardava le tette, che modestamente sono tutta roba mia. Io non sapevo bene come comportarmi, così ci dico: come ti chiami e lui risponde Alex. Piacere, dico io tanto per dire qualcosa, poi mi faccio coraggio e dico hai una cicatrice sulla guancia, che subito mi sembra una gran cazzata da dire, ma ormai l’avevo detta. Allora lui con un mezzo sorriso mi fa: ah, quella! È stato nel Tonka del Sud. Che sarebbe? Ci chiedo. Un posto in Africa dove ho combattuto i terroristi islamici del Tonka del Nord.

«Ma allora sei un militare?»

«Ero nei Corpi Speciali dell’Esercito, ma poi mi hanno buttato fuori», mi spiega con un sorriso amaro.

«Cosa è successo?» esclamo io, già sicura che lui era stato vittima di una grande ingiustizia.

«Non so se devo raccontartelo», mormora lui.

«Dai Alex, sai che noi ragazze siamo curiose», ci dico io con un bel sorriso d’incoraggiamento.

«Vabbé, sei giovane ma non sei minorenne, quindi posso raccontarti i fatti. Stavamo facendo un’esercitazione in una zona dell’Appennino abruzzese e mi avevano assegnato una recluta da istruire, una gran bella ragazza devo dire, e la tuta mimetica le stava molto bene, insomma un tipo molto sexy.»

Io già mi sentivo già gelosa di quella lì, ma comunque non lo faccio notare e ci dico: «E poi?»

«Devi sapere che noi facevamo parte della formazione Arancione e dovevamo sfuggire ai paracadutisti della formazione Azzurra. Va a finire che dopo due giorni di stare acquattati nei campi di granoturco per sfuggire agli Azzurri che non ci trovavano mai, tanto per far passare un po’ il tempo abbiamo cominciato a baciarci e poi sai come vanno queste cose, ci prende una voglia pazza. Lei si toglie la tuta mimetica e resta in intimo da combattimento, mutande e reggiseno in neoprene, fibra di carbonio e rinforzi in titanio.»

«Oddio, devono essere scomodissimi», dico io figurandomi la scena.

«Il punto è un altro», mi fa lui, «è che essendo indumenti antistupro, perché l’Esercito protegge le sue soldatesse, ecco, hanno delle fibbie che si aprono solo conoscendo la combinazione. Solo che lei, nell’agitazione del momento, non riusciva assolutamente a ricordarsela. Io ero come pazzo, la volevo, lei mi voleva, e così estraggo il mio coltello d’assalto e cerco di tagliare il retro delle mutande, solo che la lama scivola sul titanio e le conficco tre centimeti di lama nel gluteo sinistro.»

«Ma è pazzesco», grido io angosciata, «e poi?»

«E poi lei urlava, stava male, abbiamo dovuto interrompere l’esercitazione e chiamare via radio l’elicottero ambulanza, con tutto il resto che puoi immaginare. La cosa fu messa a tacere, ma io fui espulso. Ecco tutto.»

Ci avevo le lacrime gli occhi, la sua voce era veramente piena di dolore, lo credo bene, per un militare farsi buttare fuori dall’Esercito deve essere proprio un brutto colpo, cioè.  E allora ci dico: come sei finito nel Tanga del Sud? Sarebbe Tonka, proprio un divertente lapso frudiano dice lui, o qualcosa di simile, beh, le cose sono andate così che mi sono trovato in mezzo alla strada e allora mi sono rivolto a degli amici ucraini che mi hanno aiutato a entrare in una compagnia di mercenari uzbeki, dei veri professionisti credimi. Il nostro primo incarico è stato proprio nel Tonka. Non puoi immaginare quello che ho visto con questi occhi! Ma alla fine del contratto di cinque anni, non ho firmato per il rinnovo. Basta, mi sono detto, adesso è l’ora di tornare a casa, trovare la donna giusta e mettere su famiglia. Lì per lì io non mi capacito, mi sembra tutto troppo bello, come in un sogno, ma non è un sogno, Alex è lì e mi prende le mani tra le sue. Mi guarda dritto negli occhi e dice, con la sua voce bassa e sensuale: «Io sono un uomo estremo in tutto, in amore come in guerra. Sei pronta a seguirmi?»

Mi viene da tremare, capisco che devo dire una cosa all’altezza della situazione, cioè. Per fortuna mi viene in mente una frase che avevo letto in un romanzo di Druida Mascherpa Cavalcanti, la mia autrice preferita della collana Cuori Coraggiosi.

«Insieme a te l’inferno stesso diventa il paradiso!»

Lui si avvicina, ci baciamo con una passione che mi lascia stordita senza respiro. Intanto il traghetto stava eseguendo le manovre di attracco a Intra."

 

Il Commissario capo aveva radunato i suoi per fare il punto della situazione. Intorno al tavolo c’erano, oltre a lui, l’Ispettore Lucia Zanchella e il Vice Sovrintendente Arturo Lasco.

Prese la parola Girobaldi: «Ecco, abbiamo finalmente qualcosa su cui lavorare. Prima di tutto l’autopsia, il cui risultato è davvero sorprendente… »

«In che senso?», intervenne un po’ precipitosamente la Zanchella.

«Nel senso che il Caldazza è morto d’infarto,»

«Ma… ma allora non c’è omicidio!», esclamò Lasco visibilmente deluso.

«Non saltiamo alle conclusioni», intervenne autorevolmente l’Ispettrice, «il Capo non ha finito!»

«Dunque l’autopsia parla anche delle ferite sulla schiena, per l’esattezza dodici solchi profondi dell’epidermide, compatibili con violenti colpi di frusta, presumibilmente del tipo per equitazione.»

«Un gioco erotico finito male», mormorò Lucia Zanchella, con un brivido nella voce.

«Lucia, aspetta, adesso sei tu che salti alle conclusioni», disse bonariamente il Capo, «il mistero viene fuori adesso: secondo l’anatomo-patologo, sulla base di certe considerazioni sugli ematomi, i vasi sanguigni eccetera eccetera che a noi non ci frega niente, il Caldazza s’è preso le prime tre frustate da vivo e le altre nove da morto.»

Sulla riunione cadde un nervoso silenzio.

Poi il Capo riprese la parola: «Vabbé, le cose stanno così e dobbiamo ammettere che non ci capiamo un cazzo, mi scusi Ispettrice. I giornali diranno che la polizia brancola nel buio, pazienza. Per il  momento non c’è molto altro da dire… ah, sì, nessuna impronta digitale incompatibile con le normali frequentazioni della villa. E non ci sono testimonianze utili a nessun livello.»

 

"Siamo scesi dal battello, lui mi teneva sempre per mano e mi dice, vieni a casa mia, non posso lasciarti adesso e io ci dico, va bene, tanto praticamente mi ero presa una giornata di ferie e già immaginavo delle cose che mi facevano piegare le ginocchia. Stiamo per avviarci al parcheggio dove lui aveva la macchina, quando sento il rumore di una frenata e si ferma di fianco a noi una Mercedes lunga da qui a là, che la guida l’autista e dalla portiera dietro scende una che conosco, la signora Carmen Sbandoni, moglie del cavalier Sbandoni, il proprietario di ‘Non Solo Prosciutti’, il più grande e famoso negozio di salumi e gastronomia della zona. La Carmen è una donna grande e grossa, tutta ingioiellata e griffata, che si mette davanti al mio Alex e ci dice, professore a che gioco giochiamo? Il mio ragazzo è venuto a casa come al solito con un tre in latino e un due in greco e io a lei sono tre anni che ci pago trenta euro all’ora di ripetizioni, che per avere questi voti le lezioni ce le potrei dare io senza spendere un centesimo, mi spiego, e quindi lei cosa fa invece di insegnare al mio ragazzo, gioca a pettinare le bambole? L’Alex diventa tutto rosso, come un peperone, cioè, e dice: ma signora che modi sono? E lei fa, dice, poche balle, salga in macchina immediatamente e andiamo a casa mia, che ho messo il ragazzo in castigo e lei ci rifila quattro ore di lezioni a gratis, altrimenti si può dimenticare l’indirizzo di casa Sbandoni è chiaro?, e lui a testa bassa si infila nella macchina con la signora e mi pianta lì praticamente come una scema, senza neanche salutarmi, cioè.

Vado verso il parcheggio dove ho lasciato la mia cinquecento e mi viene da piangere, che ciò un malditesta da urlare, così mi fermo nella farmacia ‘Non Solo Antibiotici’ e mi prendo due moment, nel frattempo che penso ecco un altro grandissimo figlio di puttana che mi spara una cifra di palle spaziali per portarmi a letto, e una ragazza che fiducia ci deve avere negli uomini, che tutti mi prendono per il culo e io gli uomini li odio, tutti li odio, cioè.

Quella sera mi chiudo in casa e non mangio neanche dalla rabbia, quando verso  le undici e mezza suona il mio cellulare e vedo che è un mio cliente, l’avvocato Caldazza, che vuole che vado a fargli un servizietto. Adesso voglio chiarire che io non vado a letto per i soldi, che primo non sono una prostituta e secondo non mi piace fare sesso con quelli che non conosco. Però al Centro Estetico a volte conosci quelli strani, che vogliono farsi picchiare e ci piacciono le donne che li menano. La proprietaria mi ha spiegato che sarebbero i masochisti, i feticisti, i sottomessi che vogliono la femmina dominatrice che ci ficca i tacchi a spillo nelle chiappe. Con questi qui ci vado, perché pagano bene  e ci si sbriga alla svelta, in quanto va bene che sono masochisti, ma se picchi duro dopo un po’ si stancano anche loro, cioè. Ecco devo dire che quella sera lì dovevo proprio sfogarmi e così ero contenta che mi aveva chiamato l’avvocato. Ho preso la mia sacca di lavoro, ci ho messo dentro i stivali tacco dodici, l’intimo di gomma nera, le calze rosse autoreggenti e la frusta. Mentre andavo all’appuntamento pensavo: questa è la tua serata fortunata avvocato, mi sento in vena di essere generosa, cioè, ti refilo un tot di frustate omaggio che non ti sogni neanche, in offerta speciale.

Paghi uno e prendi tre."

 

Lucia Zanchella si precipitò nell’ufficio del Capo e con aria trionfante disse: «Abbiamo una traccia, dai tabulati telefonici sappiamo a chi ha fatto l’ultima telefonata da vivo il Caldazza!»

«A una certa Samantha Zuffo, immagino», rispose serafico il Commissario Capo.

L’ispettrice ci rimase di sale.

«Ma come…»

«Mi ha telefonato dieci minuti fa l’avvocato Mastrostefano. Dice che ha una cliente, la  Samantha Zuffo, per l’appunto, che vuole rendere una testimonianza spontanea e una confessione completa sul caso Caldazza. Dovrebbero arrivare a momenti.» 

 

Merda, pensò l’Ispettrice Zanchella, non ci sono più gli assassini di una volta. Ma non disse niente e uscì dalla stanza. 

Non si scherza con l'ecologia

 

Ero seduto al tavolo della sala da pranzo, con carta e penna: dovevo scrivere un breve messaggio al mio amico Umberto, per dirgli che mercoledì non potevo vederlo a Milano, in quanto a Milano mercoledì non ci andavo. Scrissi, piegai il foglio, lo misi nella busta, la chiusi e ci scrissi sopra l’indirizzo. Poi appiccicai il francobollo, chiamai Larissa, la mia badante ucraina, e le dissi di imbucare quando andava a fare la spesa. Fatte queste semplici cose, mi misi scarpe, giaccone, guanti e cappello e me ne andai a fare una passeggiata nei boschi circostanti. Avevo appena raggiunto il cancello della villa dove vivo, quando vidi dall’altra parte un tale che suonava il campanello, posto sul pilastro di destra di detto cancello.

«Desidera?», gli chiesi.

«Lei abita qui?», mi chiese ansioso.

«No, abito a Parigi. Questa è la mia casa per le vacanze.»

«Adesso è in vacanza?»

«No. Il fatto è che ho cambiato abitudini. Adesso vivo qui, e vado in vacanza a Parigi.»

Mi guardò un po’ perplesso.

«Le è tutto chiaro?»

«Sì, sì, certo… avrei bisogno di parlarle.»

«Lei è per caso un venditore di abbonamenti telefonici e televisivi?»

«Come fa a saperlo?»

«L’ho capito dall’accento. Venga, andiamo a casa, che ne parliamo con calma.»

Nel vestibolo mi tolsi guanti, cappello e giaccone. Presi il cappotto del mio ospite e lo appesi all’attaccapanni. Ci accomodammo in biblioteca.

«Mi dica», gli feci incoraggiante.

«Lei ha una linea telefonica?»

«Sì.»

«Può dirmi con quale compagnia?»

«No, per il momento. Mi dica, lei chi rappresenta?»

«Futuracom.»

«Ah, perbacco, questa non la conoscevo.»

«Vorrei illustrarle il nostro piano tariffario.»

«M’illustri.»

«In primo luogo: non c’è canone. Poi non deve pagare niente subito. Arriveranno dopo comodi bollettini postali.»

«Incoraggiante.»

«Se preferisce potrà anche fare bonifici bancari.»

«Voi cosa preferite?»

«Uguale. In secondo luogo: al posto del canone, c’è un contributo mensile di allacciamento. Cinquanta euro al mese.»

«Molto bene.»

«Poi, e qui sta la grande novità, ogni 8,35 chiamate ci sono 1,63 chiamate gratuite.»

«Magnifico.»

«Dedotto il 5,4% delle chiamate verso rete fissa, con la maggiorazione dei quattro quinti della spesa verso rete mobile, a meno che… »

«A meno che… »

«A meno che non attivi sei linee contemporaneamente.»

«Le attivo.»

«Consideri anche la grande novità di quest’anno: una promozione speciale che le consentirà di chiamare gratuitamente, dalle tre alle quattro di notte ora italiana, tutti i numeri fissi che vuole nelle Solomon Islands.»

«Ah, ah», mormorai, «questa vi costerà cara. Ho un sacco di amici alle Solomon!»

«Bravissimo. Le interessa internet?»

«Al momento accedo a internet con una chiave USB che ricarico dal tabaccaio.»

«Soddisfatto?»

«Fino a un certo punto, perché non fumo.»

«Vede? Le tolgo anche questo fastidio. Se accede all’opzione internet, le costerà solo € 24 al mese, per i primi dieci minuti, poi € 48 alla settimana. Se accetta poi di ricevere i nostri messaggi promozionali, avrà inoltre uno sconto del 7,80% sulle prime otto bollette settimanali, o del 3,33% sulle prime quattro mensili. Esclusa l’IVA, naturalmente.»

«Naturalmente.»

«Allora, accede?»

«Accedo.»

«Bravissimo. Vuole anche l’opzione satellitare?»

«Sarebbe?»

«Le diamo un decoder per vedere la televisione. L’apparecchio costa 2.000 €, ma in fase di lancio e per pochi fortunati come lei, costerà solo € 110 al mese. Inoltre quattro canali sono gratuiti.»

«Quali?»

«Al Jazeera in arabo, Pro Vercelli Football Club, Porcellone in linea, Pellegrini in Terra Santa.»

«E gli altri?»

«Deve fare l’abbonamento a Sky, a Mediaset, alla Rai e a Bora Bora Television. Deve vedere che belle figliole, tutte con le loro ghirlande di fiori! Sottoscrive?»

«Quanto costa?»

«Solo 3000 dollari all’anno.»

«Posso pagare in euro?»

«No purtroppo, e neanche con carta di credito. Solo contanti, in biglietti usati di piccolo taglio. Passerà un nostro incaricato. Sottoscrive?

«Sottoscrivo.»

«Bravissimo. Adesso mi dice il suo numero di telefono?»

«Sì, è un numero della Società TelMet NLKL.»

«Olandese?»

«Sì, come il Lerdammer.»

«E il numero?»

«0333123456»

«Facile, eh?», ridacchiò lui contento.

«Come no!»

«Un momento, prego.»

Dopo mezz’ora finì di compilare un impressionante numero di moduli in tredici copie, di tredici colori diversi.

«Ho quasi finito!», esclamò soddisfatto.

«Faccia con comodo.»

«Avrei bisogno di un suo documento.»

«Eccolo.»

Gli diedi una carta d’identità francese che avevo trovato per terra a Parigi qualche anno prima. Era intestata a un certo Jean Dupont e l’avevo tenuta, anzi mi ci ero addirittura affezionato, perché la fotografia mi assomigliava parecchio, solo un po’ più giovane. Il mio visitatore finì di completare le sue registrazioni.

«Ecco, firmi qui per favore, dove ho fatto la crocetta.»

Apposi cinquecentosedici firme, tutte eguali: Jean Dupont.

«Bravissimo. Abbiamo finito. Pensiamo a tutto noi, tra quindici giorni il suo nuovo numero sarà attivo.»

«Che numero sarà?»

«Lo stesso che ha adesso. Noi diamo la portabilità ai nostri clienti!»

«Beh, insomma, la portabilità è importante. Gratis?»

«Sono solo € 9,99 al mese.»

«Conveniente. Bene, grazie di tutto.»

«È stato un piacere.»

«A chi lo dice!»

Era stata una settimana magnifica. Avevo sottoscritto tre nuovi abbonamenti per rete fissa, sei abbonamenti per cellulari e due completi: TV, cellulare, rete fissa, internet, il tutto con relativa dotazione di apparecchiature varie. Più un contratto per asciugacapelli da viaggio, con telefono e navigatore satellitare incorporato.

Dovete sapere che ho appena compiuto in discreta salute 96 anni, e che a casa mia i fili del telefono non arrivano - sono anni che non ho il telefono – e non ho alcun tipo di antenna televisiva sul tetto ma, in compenso, sono provvisto di una ricca dotazione di carta da lettere, buste e francobolli.

Mi sentivo molto felice. A completare la soddisfazione di quella giornata arrivò il postino e mi consegnò due pacchi. Uno conteneva un decoder e l’altro un router, rispettivamente della Telephonikoi greca e della Telefaxo del Burkina Faso. Li tolsi delicatamente dall’imballo e li buttai nella spazzatura. Avevo aggiunto alla mia dotazione per rifiuti domestici, secco, umido, carta, plastica, vetro-metallo, anche il bidone decoder-router-wireless-cellulari.

Gli imballi, separata la carta dalla plastica, raggiunsero i recipienti di competenza.

 

Non si scherza con l’ecologia.